Le materie prime. In tutto il loro splendore.

Posto che abbiamo calcolato tutti i fabbisogni di un soggetto, una dieta è necessariamente composta da materie prime. Questo accade indipendentemente dal fatto che sia naturale o industriale, sia chiaro. Possiamo fare un viaggio nelle materie prime per capirle un pochino meglio.

Le macro-categorie che ci interessano sono: carboidrati, proteine, fibre e grassi. Gli alimenti si inseriscono in una categoria specifica in base alla percentuale del nutriente che le caratterizza. Ad esempio la pera la inseriamo nella categoria fibre, perché queste ultime sono maggiormente presenti.

Ovviamente ogni categoria ha una funzione più o meno specifica.

Le proteine hanno un ruolo plastico nell’organismo, capaci di “generare” o “rigenerare” i tessuti. Quindi in condizioni ottimali non devono mai mancare, soprattutto in soggetti a grande turn over cellulare, come per esempio i giovani in crescita o gli anziani. I carnivori inoltre hanno la capacità di utilizzare una via metabolica particolare, la gluconeogenesi, l’utilizzo di proteine per produrre glucosio e quindi energie. Chi si nutre di una buona quantità di proteine sa utilizzare al meglio in momenti di bisogno tutto quello che ha a disposizione

Per i carnivori le proteine con alto valore biologico, cioè quelle più idonee per la loro alimentazione, sono quelle di origine animale. Attenzione che i trattamenti termici possono modificare il profilo amminoacidico della materia prima, ad esempio la cottura può intaccare la taurina (occhio al gatto quindi), ma anche il profilo dei grassi. Per “trattamenti termici” intendiamo cottura o disidratazione ad alte temperature, per cui se troviamo queste materie prime in forme diverse da fresche e crude, più le sottoponiamo a trattamenti “impegnativi” più dovremmo correggere la dieta.

Anche i grassi subiscono modifiche in base al trattamento termico. Essi sono molecole con funzioni principalmente energetiche, ma anche di trasporto, o di regolazione. Per i carnivori sono importantissimi, soprattutto se di origine animale, infatti se sono presenti nella dieta, questa viene solitamente apprezzata molto di più (ricordate il famoso grasso di pollo che fa da appetizzante?). Grassi animali o olii vegetali possono essere utilizzati in base alle loro caratteristiche per completare la dieta, questo perché alcuni di essi contengono acidi grassi essenziali. L’assunzione di queste particolari molecole avviene solo attraverso l’alimentazione (ad esempio gli omega 3, famosi per il loro ruolo nella cura di alcune patologie). La scelta di cosa e come inserirli in una dieta dipende dall’obiettivo che vogliamo raggiungere. Sono comunque materie prime molto caloriche, per cui è necessario fare attenzione al loro dosaggio. I trattamenti termici ad alta temperatura li rendono spesso indigeribili, motivo per cui sarebbe sempre meglio utilizzarli a crudo in una dieta naturale, mentre nelle diete industriali vengono spesso addizionati alla fine della lavorazione.

Un’altra categoria di materie prima prevalentemente energetiche sono gli amidi. Molecole complesse composte da glucosio, nate per immagazzinare energia nei vegetali. Per questo motivo utilizziamo le cariossidi dei cereali o i tuberi. Per renderli utilizzabili è necessario un trattamento termico: questa  caratteristica rende questa materia prima differente dalle precedenti, infatti qui la cottura è assolutamente indispensabile. Altra grande differenza, rispetto alle prime due categorie è la differente capacità digestiva in base alla specie. Per i carnivori domestici, cani e gatti, la capacità digestiva dei carboidrati è differente. La domesticazione infatti ha aumentato questa capacità nei cani, ma non nei gatti, motivo per cui parliamo di utilizzo di carboidrati quali esclusivamente nei cani. Aggiungiamo che anche nei cani non sempre sono ben tollerati, per cui sono a tutti gli effetti la categoria di materie prime meno indispensabile per un carnivoro. Sono però spesso presenti negli alimenti industriali per la loro grande influenza sulla buona riuscita della macchinabilità del prodotto estruso.

A loro si aggiungono le fibre che rendono il prodotto commerciale spesso meglio tollerato dall’intestino di cani e gatti. Le fibre si distinguono in base alla loro attitudine a lavorare sul e con il microbioma intestinale. Fibre fermentescibili: sono quelle che riescono ad essere utilizzate molto bene dai batteri intestinali, e che per questo vengono inserite in situazioni di necessità (ad esempio disbiosi intestinali) con grandi risultati.

Fibre non fermentescibili: non riescono ad essere degradate in maniera ottimale per cui il loro ruolo è quello di aiutare a gestire correttamente il volume fecale e la motilità intestinale. Non sono assolutamente meno importanti delle precedenti, anzi è necessario che entrambe le tipologie lavorino in sinergia per migliorare le funzionalità intestinali in generale. I predatori però non hanno un fabbisogno particolarmente alto di fibre, e in realtà riescono ad utilizzare molto bene anche le fibre animali allo stesso scopo (strano eh per dei carnivori, guarda che sorpresona!!).

Avere un fabbisogno relativamente basso non significa che ne possiamo fare a meno, anche se non è uno dei loro alimenti preferiti in qualche modo sarebbe sempre meglio cercare di inserirle nella dieta. Sia nelle naturali che industriali, infatti, possiamo utilizzare comodamente le fibre secche per raggiungere lo scopo.

Tutte queste categorie possono e\o devono essere presenti nella giusta proporzione all’interno di qualsiasi tipo di dieta, per rendere tutto nutrizionalmente, ma anche fisiologicamente bilanciato.

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